DATI RECENTI DELLA FINANZA PUBBLICA

Riassunto: in questo post esaminiamo alcuni dati di finanza pubblica, scoprendo che esiste nei conti un buco grande come una caverna, ma, dato che si è sempre fatto così, le autorità continuano a fare così. Come andrà a finire? Ovviamente, lo potremo scoprire solo vivendo. Ma lo potremmo scoprire anche prima, continuando a leggere qui sotto.


In data 21 aprile 2023 ISTAT ha pubblicato i principali dati della Notifica sull’indebitamento netto e sul debito delle Amministrazioni Pubbliche, riferiti al periodo 2019-2022, trasmessi alla Commissione Europea in applicazione del Protocollo sulla Procedura per i Disavanzi Eccessivi (PDE) annesso al Trattato di Maastricht.


https://www.istat.it/it/archivio/283860


Dando un’occhiata a tali dati, mi sono accorto di una “svista”: i dati comunicati non considerano l’inflazione, che nel periodo interessato ha rialzato considerevolmente la testa, e stravolge ovviamente i conti degli esperti.


IL PASSATO È SEMPRE AFFIDABILE?


Quando si analizzano i dati sarebbe bene considerare tutti i fattori in gioco, anche quelli più recenti, che potrebbero avere causato un forte impatto sui nostri dati stabili, che consideravamo assolutamente certi e affidabili, quando invece la dura realtà ha nel frattempo fatto in modo di ribaltare tutte le carte.


Mi ricordo un aneddoto, relativo a un periodo, molti anni fa, in cui lavoravo in una certa banca. In quegli anni i responsabili commerciali dell’istituto erano soliti concordare con i Clienti le condizioni economiche di certe operazioni, sulla base di circostanze finanziarie riferite al passato. Tuttavia alcuni recenti fatti economici avevano modificato sensibilmente la situazione finanziaria. Ma i contratti coi Clienti erano sempre basati sul passato. Così il responsabile finanziario mi incaricò di analizzare i dati. La scoperta fu che già da più di un anno la banca lavorava in perdita!


Per la cronaca, la banca nel giro di pochi anni andò a gambe per aria, nonostante io mi fossi prodigato nel comunicare a chi di dovere la realtà dei fatti. Ma la visione economica degli “esperti” della banca di quel tempo era considerata più un dogma immodificabile che un’analisi obiettiva della situazione reale. Ma la realtà a quanto pare se ne fece un baffo delle opinioni degli “esperti”, i quali basavano le loro certezze su un passato che ormai non esisteva più.


ESAMINIAMO I DATI


Nel rapporto ISTAT sopracitato si legge quanto riportato in Figura 1:



Riassumendo, gli anni considerati sono quattro: il 2019, il 2020, il 2021 e il 2022.

ISTAT ci fa sapere che:


1. Il debito pubblico vale rispettivamente 2.410.200, 2.573.374, 2.679.607 e 2.756.969 milioni di euro.


2. Il PIL vale rispettivamente 1.796.649, 1.661.020, 1.787.675 e 1.909.154 milioni di euro.


3. Il rapporto debito / PIL vale rispettivamente 134,1%, 154,9%, 149,9% e 144,4%.


Tuttavia tali dati non tengono conto dell’inflazione. In base ai dati EUROSTAT, l’inflazione è stata, sempre per i quattro anni, dal 2019 al 2022, rispettivamente del 0,50%, -0,30%, 4,20% e 12,30%. Questo significa che la crescita del PIL reale, sempre in base ai dati EUROSTAT, è stata rispettivamente dello 0,50%, del -9,00%, del 7,00% e del 3,70%.


Attenzione, che il dato di crescita del PIL reale ci impone di fare un ragionamento. Il valore che aveva il denaro nel 2019 è diverso da quello che aveva nel 2020, come era diverso da quello del 2021 e del 2022. Cioè, il valore del denaro del 2019 era maggiore, ma di quanto? Lo possiamo calcolare nel seguente modo:


CALCOLO DEL PIL REALE


Partiamo dal PIL del 2019, che ci comunica ISTAT, che è di 1.796.649 milioni di euro.

Poi prendiamo il dato di crescita del PIL reale, ma lasciamo perdere lo 0,50%, che è il primo dato di EUROSTAT, ma è la crescita del PIL del 2019 rispetto all’anno prima, il 2018.


Quindi, per calcolare il PIL reale dell’anno 2020, procediamo ad applicare al valore di 1.796.649 la percentuale del -9,00%, che è il secondo dato EUROSTAT di cui sopra, e otteniamo il valore di 1.634.951 milioni di euro, che è appunto il PIL reale del 2020.


Poi, per calcolare il PIL reale del 2021 applichiamo al valore del PIL del 2020 appena ottenuto, 1.634.951 milioni di euro, il terzo dato EUROSTAT, che è 7,00%, e otteniamo 1.749.397 milioni di euro, che è il PIL reale del 2021.


Infine, per calcolare il PIL reale del 2022 applichiamo al valore del PIL del 2021 appena ottenuto, 1.749.397 milioni di euro, il terzo dato EUROSTAT, che è 3,70%, e otteniamo 1.814.125 milioni di euro, che è il PIL reale del 2022.


Questo significa che, in termini reali, che tengono quindi conto dell’inflazione, il PIL del 2022 che troviamo nei dati ISTAT, pari a 1.909.154 milioni di euro, in realtà vale molto meno, ovvero 1.814.125 milioni di euro.


In sostanza, l’inflazione fa perdere valore al denaro, dato che da un anno con l’altro, se c’è inflazione, si comprano meno prodotti con gli stessi soldi. Questo significa che se anche si guadagnasse la stessa cifra, occorrerebbe più denaro per far fronte alle stesse spese e agli stessi impegni finanziari.


UNA RIFLESSIONE SUL DEBITO PUBBLICO, E SUI DEBITI IN GENERALE


Qualcuno ora potrebbe dire che lo stesso ragionamento fatto sul PIL, per calcolare il PIL reale, dovremmo applicarlo anche ai debiti, e nello specifico, al debito pubblico. Tuttavia questo non si può fare. Il motivo è presto detto: quando si contrae un debito, il valore nominale del debito non viene adeguato all’inflazione, man mano che passano gli anni. Nello specifico, il valore del debito pubblico alla fine del 2022 era 2.756.969 milioni di euro, e sarà ancora quello l’anno dopo, anche se l’inflazione nel 2023 fosse del 10%, e sempre nel caso molto poco probabile che nel 2023 non vengano contratti ulteriori debiti.


Questo è un fatto molto importante: il valore reale dei debiti si riduce per via indiretta, solo attraverso la crescita dei guadagni, e nel caso specifico del PIL. In sostanza, dato un certo debito pubblico, il suo valore reale diminuirebbe l’anno successivo solo se il PIL crescesse di un valore superiore alla crescita dell’indebitamento. Per esempio, se il debito pubblico passasse da 100 a 110 da un anno a quello successivo, il valore reale di detto debito diminuirebbe qualora il PIL crescesse adeguatamente, supponiamo, passando da 100 a 120. In tal caso, il rapporto debito / PIL (100 / 100) = 100%, passerebbe al (110 / 120) = 91,6%. Quindi, il debito pubblico, pur crescendo da 100 a 110, varrebbe in termini reali di meno, passando da un rapporto debito / PIL del 100% a quello più basso, del 91,6%, appunto.


MA NEL CASO DELL’ITALIA IL PIL REALE È SPIAGGIATO!


Infatti, il PIL reale dell’Italia è passato da 1.796.649 milioni di euro nel 2019 a 1.814.125 milioni di euro nel 2022, una crescita quasi nulla, di meno di 18 miliardi di euro in quattro anni, e in ogni caso assolutamente insufficiente a rendere sostenibile la crescita del debito pubblico, che sempre nei quattro anni è cresciuto di oltre 346 miliardi di euro.


MA I TASSI SONO SALITI!


La faccenda debitoria è ulteriormente aggravata dal fatto che i tassi sono saliti parecchio. Questo causerà una crescita marcata degli interessi da pagare nei prossimi anni. Ricordiamo che la durata media dei titoli che compongono il debito pubblico è di circa sette anni. Questo significa che mediamente nei prossimi sette anni tutti i titoli che compongono il debito pubblico saranno rinnovati, però alle nuove condizioni di mercato. Negli anni scorsi il BTP con scadenza a dieci anni veniva emesso a un tasso anche inferiore all’uno per cento, mentre oggi siamo anche a più del quattro per cento: si tratta di un salasso, che inevitabilmente andrà a ripercuotersi sul debito pubblico, facendolo crescere in modo accelerato rispetto a quanto abbiamo visto negli anni scorsi.


E IL RAPPORTO DEBITO / PIL?


Nelle scorse settimane erano tutti contenti del fatto che il rapporto debito / PIL fosse diminuito, passando dal 149,9% del 2021 al 144,4% del 2022. Ma questo conto non considera la realtà, ovvero il fatto che l’inflazione ha giocato contro, mentre il dato del 144,4% ignora totalmente cos’è avvenuto nel mondo reale.


Mi spiace, ma i miei calcoli dicono che tale rapporto debito / PIL nel 2022 è stato del 152%, in termini reali, quindi tenendo conto dell’inflazione.


Di tutta questa disamina potete trarre ognuno le vostre conclusioni osservando il grafico in Figura 2, che rappresenta i conti sopracitati.



RIFLESSIONI CONCLUSIVE


Quando si fanno i conti senza l’oste si rischia di sbagliare.


Si può sbagliare anche affrontando il futuro supponendo che i dati del passato siano ancora affidabili, quando invece il mondo è già cambiato parecchio, senza che noi ce ne accorgessimo.


Nella fattispecie, i dati della finanza pubblica mostrano da un lato un sistema di calcoli, conteggi e rendicontazioni che appaiono fissi e immutabili, governo dopo governo, ma dall’altro esiste una condizione economica, sociale e reale che risulta completamente stravolta rispetto a quella di solo pochi anni fa.


Il modello economico usato oggigiorno, basato sul comprimere la domanda interna allo Stato, ed esportando il più possibile, fu pensato quando il mondo si poteva ancora considerare infinito, con buona parte delle popolazioni terrestri non ancora adeguatamente civilizzate; ma già a quel tempo si sapeva che ad ogni azione ne corrisponde un’altra di eguale forza e contraria, grazie alle Leggi scoperte da Newton.


Così, dato che esportando si causa ai paesi importatori di indebitarsi, questi debiti tornano indietro come un boomerang, sia sotto forma di paesi che da importatori sono ormai diventati grossi esportatori, come ad esempio la Cina, sia sotto forma di intere popolazioni costrette a emigrare, dato che al loro paese, a furia di comprimere la domanda interna, le condizioni di vita sono diventate insopportabili: questo naturalmente carica all’inverosimile i costi sociali di un paese, e nello specifico quelli dell’Italia, con conseguente forte aumento della posizione debitoria.


In pratica, i modelli economici che sono usati oggigiorno sono seguiti da una classe politica, dirigente e decisionale composta da asinacci, che non conoscono niente di niente delle Leggi che governano l’universo. Newton ha predicato nel deserto.


Analizzando con attenzione i dati dell’economia e della finanza pubblica italiana, si scopre che i conti dello Stato sono in caduta libera, ma nessuna autorità sembra rendersi conto del disastro in corso.


Vi do una notizia: la realtà se ne infischia delle autorità che non vedono il problema, e continuerà il suo corso, inesorabilmente.


Tuttavia il problema esiste, autorità o no, e va trovata una soluzione, senza aspettare che i problemi ci franino addosso, seppellendoci. Il problema è che il modello economico che stiamo usando è vecchio, sorpassato e non funziona più. Occorre quindi considerare di cambiare modello economico, passando a un Nuovo Sistema Economico, Monetario, Fiscale e di Giustizia.


Il mio manuale, “Cenni di un Nuovo Sistema Economico, Monetario, Fiscale e di Giustizia”:


Formato PDF:

https://drive.google.com/file/d/1ZvbXSCvRzJ5cYjATODAzirZZxLmbgHSF/view?usp=sharing


Formato EPUB:

https://drive.google.com/file/d/1ekGuCdhWDXbffmB12mAOOUbDyfRMoyAn/view?usp=sharing


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La sintesi del mio manuale, “Sintesi di Cenni di un Nuovo Sistema Economico, Monetario, Fiscale e di Giustizia”:


Formato PDF:

https://drive.google.com/file/d/1GsduFrqMCGGFjEqptZk92qcSZzbUU82O/view?usp=sharing


Formato EPUB:

https://drive.google.com/file/d/1Z5om8IJRzrRX9yB19DRIPLyKpqt6-A_4/view?usp=sharing


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